E’ una dimensione creativa del tutto particolare quella di Mariateresa Papagni, giacché occorre subito saper vedere al di là della immediata facies delle cose che propone, una disponibilità creativa che si avvale di mezzi espressivi molto raffinati e consapevolmente maturi.
E’ stata anche individuata nella sua pittura una cadenza surreale e, non meno, una vocazione naif, ma noi crediamo che sarebbe riduttivo intendere la pittura della Papagni come manifestazione d’un atteggiamento semplicistico ed abbreviato.

Si tratta, piuttosto, nel suo caso, d’un intervento studiato ed appropriato, quello di un’artista che mira a creare un universo apparentemente straniato, un universo disfatto e leggero all’interno del quale possono trovare ragione ed esistenza le favole e le immagini della memoria non perché l’autore intenda raccomandare una fuga dalla realtà, ma perché l’artista avverte il dovere morale di sottolineare come tutte le cose abbiano sempre, al di là della dimensione corrente del dato epifenomenico, una rispondenza interiore ad un ordine armonico e ad una vibrazione d’empatia con la coscienza.
Se non si rischiasse di lasciar intendere una china decisamente spiritualistica come orizzonte di giudizio, ci piacerebbe immaginare questa pittura proprio come un contributo ideale alla voce di una coscienza interrogante, una coscienza avvertita e consapevole delle cose della vita e, proprio per questo, ancor più responsabile e sicura nell’additare la precarietà friabile ed inconsistente di alcuni convincimenti che, in realtà, non producono affatto benessere e felicità.
Un additamento morale che nasce dalla semplicità del cuore; questo, certamente, la pittura Papagni intende rappresentarlo, dando una voce ai sentimenti profondi ed alle qualità dell’animo.
Si accendono i colori, e la luce che promana è soffusa, non abbagliante, la luce della serenità e della pace, la pace dell’animo, ma anche la pace della coscienza profonda delle consistenze intellettuali che non possono mai essere azzerate nella goffagine delle pretestuosità senza ragione.
Come conciliare, allora, ragione e sentimento, se non nella unità di una coscienza pacificata con se stessa?
Qui, in queste brevi riflessioni consiste il significato pieno e convincente di una pittura che, pertanto, non è affatto semplicistica e naif, ma è profondamente avvertita e maturamente consapevole.

Prof. Rosario Pinto
critico e storico dell’arte
Napoli, gennaio 2015